Ricorso n. 64 depositato il 22 agosto 2014 della Regione Campania
(c.f. 80011990636), in persona del Presidente della Giunta  regionale
pro tempore, On.  Dott.  Stefano  Caldoro,  rappresentata  e  difesa,
giusta delibera della Giunta regionale n. 362 dell'8.8.2014 e procura
a margine del presente atto, unitamente e disgiuntamente,  dal  Prof.
Avv. Beniamino  Caravita  di  Toritto  (c.f.  CRVBMN54D19H501A),  del
libero  foro,  e  dall'Avv.  Maria  d'Elia  (c.f.  DLEMRA53H42F839H),
dell'Avvocatura regionale elettivamente domiciliata presso  l'Ufficio
di rappresentanza della Regione Campania sito in Roma in Via Poli, n.
29 (fax: 06/42001646 pec abilitata: cdta@legalmail.it) 
    Contro il Presidente del Consiglio dei Ministri  pro-tempore  per
la dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'art. 9,  comma
8-bis, nonche' dell'art. 13, commi 1, 2, 3 e 4 del decreto  legge  24
aprile 2014, n.  66  "Misure  urgenti  per  la  competitivita'  e  la
giustizia sociale", convertito,  con  modificazioni  dalla  legge  23
giugno 2014, n. 89,  pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale  -  serie
generale - 23 giugno 2014, n.  143,  rispettivamente  per  violazione
degli artt. 97, 118 e 120 della Costituzione e  degli  artt.  3,  97,
117, commi 1, 3 e 4, 118, 119, 120 e 123 Cost. 
 
                                Fatto 
 
    Con la  legge  n.  89  del  23  giugno  2014,  il  Parlamento  ha
convertito, con modificazioni, il decreto legge n. 66 del  24  aprile
2014, recante "Misure urgenti per la competitivita'  e  la  giustizia
sociale". 
    Tale testo prevede, al comma 8-bis dell'art. 9, che  "Nell'ottica
della  semplificazione  e  dell'efficientamento  dell'attuazione  dei
programmi di sviluppo cofinanziati con fondi dell'Unione europea,  il
Ministero dell'economia e delle finanze si avvale di  Consip  S.p.A.,
nella sua qualita' di centrale di committenza ai sensi  dell'articolo
3, comma 34, del decreto legislativo 12 aprile 2006,  n.  163,  sulla
base  di  convenzione  disciplinante  i  relativi  rapporti  per   lo
svolgimento di procedure di  gara  finalizzate  all'acquisizione,  da
parte delle autorita' di gestione, certificazione e  audit  istituite
presso le singole amministrazioni titolari dei programmi di  sviluppo
cofinanziati con fondi dell'Unione europea,  di  beni  e  di  servizi
strumentali all'esercizio delle relative funzioni". 
    Ancora, all'art. 13, rubricato "Limite al  trattamento  economico
del personale pubblico e delle societa' partecipate", si prevede  che
a decorrere dal 1° maggio 2014 il limite massimo retributivo riferito
al primo presidente della Corte di cassazione previsto dagli articoli
23-bis e 23-ter del D.L. n. 201/2011, e  successive  modificazioni  e
integrazioni,  e'  fissato  in  euro  240.000  annui,  al  lordo  dei
contributi previdenziali ed assistenziali e  degli  oneri  fiscali  a
carico del dipendente.  Tale  previsione  stabilisce  inoltre  che  a
decorrere dalla predetta data i riferimenti al limite retributivo  di
cui ai predetti articoli 23-bis e 23-ter  contenuti  in  disposizioni
legislative e regolamentari vigenti alla data di  entrata  in  vigore
del decreto, si intendono  sostituiti  dal  predetto  importo,  fatti
salvi gli eventuali limiti retributivi in vigore al  30  aprile  2014
determinati  per  effetto  di  apposite   disposizioni   legislative,
regolamentari e statutarie, qualora inferiori al limite fissato. 
    Il comma 2 dell'art. 13 prevede poi  che  "All'articolo  1  della
legge  27  dicembre  2013,  n.  147  sono   apportate   le   seguenti
modificazioni: 
        a) al comma 471, dopo  le  parole  "autorita'  amministrative
indipendenti" sono inserite le seguenti: ",  con  gli  enti  pubblici
economici"; 
        b) al comma 472, dopo le parole "direzione e controllo"  sono
inserite le seguenti: "delle  autorita'  amministrative  indipendenti
e"; 
        c) al comma 473, le parole "fatti salvi i compensi  percepiti
per prestazioni occasionali" sono sostituite dalle  seguenti  "ovvero
di societa' partecipate in via diretta  o  indiretta  dalle  predette
amministrazioni". 
    Da ultimo, i commi 3 e 4 della disposizione menzionata prevedono,
rispettivamente, che le  regioni  provvedano  ad  adeguare  i  propri
ordinamenti al nuovo limite retributivo di cui al comma 1,  ai  sensi
dell'articolo 1, comma 475, della legge n. 147/2013, nel termine  ivi
previsto, e che, ai fini dei trattamenti previdenziali, le  riduzioni
dei  trattamenti  retributivi  conseguenti   all'applicazione   delle
disposizioni  di  cui  all'art.  13  operano  con  riferimento   alle
anzianita' contributive maturate a decorrere dal 1° maggio 2014. 
    Gli artt. 9, comma 8-bis e 13, commi 1, 2, 3  e  4  del  D.L.  n.
66/2014, come convertito, risultano lesivi  delle  prerogative  della
Regione Campania e viziati da manifesta illegittimita' costituzionale
per i seguenti motivi di 
 
                               Diritto 
 
Illegittimita' dell'art. 9, comma 8-bis, del D.L.  n.  66/2014,  come
convertito, per contrasto con gli articoli 97, 118 e 120 Cost. 
    Il  DL  24  aprile  2014,  n.  66,   "Misure   urgenti   per   la
competitivita' e la giustizia  sociale"  convertito,  con  modifiche,
dalla legge 23 giugno 2014, n. 89, pubblicata in  GU  23/06/2014,  n.
143, stabilisce all'articolo 9 comma 8-bis  che:  "Nell'ottica  della
semplificazione e dell'efficientamento dell'attuazione dei  programmi
di sviluppo cofinanziati con fondi dell'Unione europea, il  Ministero
dell'economia e delle finanze si avvale di Consip S.p.A.,  nella  sua
qualita' di centrale di committenza ai sensi dell'articolo  3,  comma
34, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n.  163,  sulla  base  di
convenzione disciplinante i relativi rapporti per lo  svolgimento  di
procedure  di  gara  finalizzate  all'acquisizione,  da  parte  delle
autorita' di gestione, certificazione e  audit  istituite  presso  le
singole  amministrazioni   titolari   dei   programmi   di   sviluppo
cofinanziati con fondi dell'Unione europea,  di  beni  e  di  servizi
strumentali all'esercizio delle relative funzioni.". 
    La disposizione sopra riportata appare  consentire  al  Ministero
dell'economia e delle finanze di avvalersi di Consip  S.p.A,  per  lo
svolgimento delle procedure di gara finalizzate  all'acquisizione  di
beni e di servizi  strumentali  all'esercizio  delle  funzioni  anche
delle Autorita' di gestione, certificazione e audit istituite  presso
le  singole  amministrazioni  titolari  dei  programmi  di   sviluppo
cofinanziati con fondi dell'Unione europea. 
    La formulazione della  norma,  non  limitando  esplicitamente  il
proprio ambito operativo alle sole amministrazioni statali  e  dunque
estendosi  anche  alle   amministrazioni   regionali   titolari   dei
programmi, viola le norme indicate in rubrica. 
    Sulla  base  delle  norme  costituzionali  e  della  legislazione
ordinaria di attuazione, lo Stato invero non puo'  ritenersi,  almeno
con riferimento all'ordinamento interno, un attore privilegiato nella
gestione delle  politiche  di  coesione  di  matrice  comunitaria:  a
quest'ultimo puo', al contrario, solo spettare, di norma, un ruolo di
promotore  e  coordinatore,  mentre,  in  ossequio  al  principio  di
sussidiarieta' verticale, nella fase  attuativa,  ossia  di  gestione
dell'intervento, non puo' prescindersi dal coinvolgimento degli altri
livelli di governo territoriale, in primo luogo le Regioni, posto che
la realizzazione degli interventi attiene all'attivita'  propriamente
esecutiva - ossia allo svolgimento delle  funzioni  amministrative  -
che, ai sensi dell'art. 118 Cost., rientra nella potesta' degli  enti
minori. La  disposizione  introdotta  dall'articolo  9  comma  8-bis,
prevedendo un accentramento di funzioni  amministrative  in  capo  al
Ministero   dell'economia   e   delle   finanze,   produce,   dunque,
un'invasione  delle  sfere  di   competenza   regionali   in   ambito
amministrativo  in  contrasto  con  i  principi  di   sussidiarieta',
differenziazione ed adeguatezza sanciti dal primo comma dell'art. 118
della Costituzione e lede  altresi'  il  buon  andamento  dell'azione
amministrativa. 
    La sostituzione del Ministero dell'economia e delle finanze  alle
diverse  amministrazioni   titolari   dei   programmi   di   sviluppo
cofinanziati con fondi dell'Unione europea - tra cui anche le singole
autorita' regionali competenti - lede, inoltre, il principio di leale
collaborazione sancito dall'art. 120 della Costituzione:  come  noto,
il potere sostitutivo di cui all'art. 120, secondo comma,  Cost.,  e'
configurato   dal   legislatore   costituzionale   quale    strumento
eccezionale  di  intervento,  che  presuppone  l'inerzia  degli  enti
titolari dei poteri, a conferma che in alcuni ambiti lo Stato non  e'
titolare in via diretta di alcuna potesta'. 
Illegittimita' dell'art. 13, commi 1, 2, 3 e 4, del D.L. n.  66/2014,
come convertito, per contrasto con gli  articoli  3,  97,  117  primo
comma, terzo e quarto comma, 118, 119, 120 e 123 Cost. 
    Le disposizioni di cui ai  commi  1,  2,  3  e  4  dell'art.  13,
rubricato "Limite al trattamento economico del personale  pubblico  e
delle societa' partecipate", testualmente recitano: 
    «1. A decorrere dal 1° maggio 2014 il limite massimo  retributivo
riferito al primo presidente della Corte di cassazione previsto dagli
articoli 23-bis e 23-ter del decreto-legge 6 dicembre 2011,  n.  201,
convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n.  214,
e successive modificazioni e integrazioni, e' fissato in euro 240.000
annui al lordo dei contributi previdenziali ed assistenziali e  degli
oneri fiscali a carico del dipendente.  A  decorrere  dalla  predetta
data i riferimenti al limite retributivo di cui ai predetti  articoli
23-bis e 23-ter contenuti in disposizioni legislative e regolamentari
vigenti alla data di entrata  in  vigore  del  presente  decreto,  si
intendono sostituiti dal predetto importo. Sono in  ogni  caso  fatti
salvi gli eventuali limiti retributivi in vigore al  30  aprile  2014
determinati  per  effetto  di  apposite   disposizioni   legislative,
regolamentari e statutarie, qualora inferiori al limite  fissato  dal
presente articolo. 
    2. All'articolo 1 della legge  27  dicembre  2013,  n.  147  sono
apportate le seguenti modificazioni: 
        a) al comma 471, dopo  le  parole  "autorita'  amministrative
indipendenti" sono inserite le seguenti: ",  con  gli  enti  pubblici
economici"; 
        b) al comma 472, dopo le parole "direzione e controllo"  sono
inserite le seguenti: "delle  autorita'  amministrative  indipendenti
e"; 
        c) al comma 473, le parole "fatti salvi i compensi  percepiti
per prestazioni occasionali" sono sostituite dalle  seguenti  "ovvero
di societa' partecipate in via diretta  o  indiretta  dalle  predette
amministrazioni". 
    3. Le regioni provvedono ad  adeguare  i  propri  ordinamenti  al
nuovo limite retributivo di cui al comma 1, ai sensi dell'articolo 1,
comma 475 della legge 27 dicembre  2013,  n.  147,  nel  termine  ivi
previsto. 
    4. Ai  fini  dei  trattamenti  previdenziali,  le  riduzioni  dei
trattamenti   retributivi    conseguenti    all'applicazione    delle
disposizioni di cui al presente articolo operano con riferimento alle
anzianita' contributive maturate a decorrere dal 1° maggio 2014.». 
    Le riportate norme dispongono un  taglio  selettivo  della  spesa
pubblica  regionale,  sub  specie  di  introduzione  di   un   limite
retributivo  per  alcuni  dipendenti,  in  patente  violazione  della
competenza   legislativa   e   dell'autonomia    amministrativa    ed
organizzativa  garantite  alle  Regioni  dalle  norme  costituzionali
indicate in rubrica. 
    2.1. Ed invero, l'art.117, quarto comma, della Costituzione nelle
materie non espressamente riservate alla legislazione statale, tra le
quali e' da  annoverarsi  quella  dell'organizzazione  amministrativa
attribuisce, come noto, alle Regioni potesta' legislativa  residuale,
da esercitarsi secondo i «principi fondamentali di  organizzazione  e
funzionamento» fissati  negli  statuti  (ex  art.  123  Cost.)  e  in
osservanza   dei   principi   di   sussidiarieta',   adeguatezza    e
differenziazione di cui all'art. 118 Cost. (cfr. sentenza n. 233  del
2006). 
    L'art.119,   inoltre,   attribuisce   alle   Regioni    autonomia
finanziaria di entrata e di spesa. 
    Le norme oggetto del presente ricorso, in quanto non si  limitano
ad  imporre  un  determinato  contenimento   della   spesa   pubblica
regionale, bensi' individuano specificamente e selettivamente la voce
di  spesa  regionale  da  ridurre,  ledono  gravemente  la  descritta
competenza legislativa e l'autonomia finanziaria,  amministrativa  ed
organizzativa della Regione, privando l'ente territoriale  competente
delle descritte prerogative  garantite  dalla  Carta  costituzionale,
impedendo    allo    stesso    di    autodeterminarsi    in    merito
all'organizzazione dei propri  uffici,  alla  regolamentazione  degli
aspetti economici del rapporto con i propri dipendenti - peraltro con
efficacia estesa ai rapporti in  corso,  con  conseguente  violazione
dell'art.  97  per  gli  effetti  delle  norme  sul  buon   andamento
dell'azione amministrativa -  e  alla  individuazione  dell'interesse
pubblico alla limitazione di alcune o di altre spese regionali. 
    2.2.  Tale  vulnus,  peraltro,  e'   vieppiu'   aggravato   dalle
conseguenze che le disposizioni impugnate - e, in particolare, quella
di cui al comma 3 del citato  art.  13  -  sembrano  riconnettere  al
mancato  adeguamento  dell'ordinamento  regionale  al  nuovo   limite
sancito dal legislatore statale. 
    La norma, invero, nella parte in  cui  dispone  l'adeguamento  da
parte delle Regioni "ai sensi dell'articolo 1, comma 475 della  legge
27 dicembre 2013, n. 147," sembra doversi interpretare -  in  ragione
del rinvio a sua volta contenuto nell'art. 1 comma 475 cit.  all'art.
2, comma 1 del decreto legge n. 174/2012 - nel senso di  riconnettere
al  mancato  adeguamento  nei  termini   indicati   il   taglio   dei
trasferimenti di risorse statali nei confronti delle  regioni,  nelle
misure indicate dal citato art. 2,  comma  1  del  decreto  legge  n.
174/2012. Senonche', siffatta previsione rende di fatto  cogente  per
la Regione i nuovi tetti delle singole spese introdotti, traducendosi
in una illegittima prescrizione, riduttiva in  modo  selettivo  della
spesa   regionale   e   rispettosa   soltanto   sul   piano   formale
dell'autonomia regionale in materia  di  spesa,  che  risulta  invece
nella sostanza gravemente violata. 
    2.3. Trattasi, inoltre, di misura sanzionatoria che  anche  sotto
il profilo della gravita' delle conseguenze disposte, da un lato,  e'
senz'altro  sproporzionata  ed  illogica;  dall'altro   elide   nella
sostanza qualsivoglia discrezionalita' della  ricorrente  Regione  in
ordine all'an e/o al quomodo della riduzione della propria spesa, con
gravissima    lesione    delle    attribuzioni     costituzionalmente
riconosciute. 
    Al fine  di  considerare  il  gravissimo  impatto  dell'eventuale
sanzione  sul  bilancio  della  ricorrente  Regione  Campania,  basti
considerare, ad es., che dal  rendiconto  2012  -  che  si  assume  a
riferimento in ragione del carattere "consolidato" dei relativi  dati
- risulta che il 5% dei trasferimenti statali correnti relativi  alla
spesa sanitaria  per  l'anno  (che  costituisce  una  delle  voci  di
trasferimenti condizionati all'adeguamento) ammonta, di per se' solo,
ad  oltre  20  milioni  di  euro  cui  deve  aggiungersi  l'80%   dei
trasferimenti statali non  destinati  alla  sanita'  o  ai  trasporti
pubblici, e quindi ben oltre i due terzi dei trasferimenti  destinati
a funzioni proprie delle Regioni. 
    A tutta evidenza,  comminare  una  sanzione  tale  da  svilire  e
depotenziare  l'attivita'  di  programmazione  e  l'esercizio   delle
funzioni amministrative dell'ente territoriale produce indirettamente
l'effetto di una coazione all'adeguamento dell'ordinamento  regionale
ai limiti definiti in sede statale, con evidente e  grave  detrimento
delle  attribuzioni  regionali;  e  l'eventuale  applicazione   della
sanzione   determinerebbe   conseguenze   gravemente   sproporzionate
rispetto agli obiettivi di contenimento della spesa prefissati. 
    2.4.  Le  norme   impugnate   non   sfuggono   al   giudizio   di
incostituzionalita' neppure ove,  pur  in  assenza  di  una  espressa
qualificazione normativa in tal senso, esse volessero ascriversi alla
materia del «coordinamento  della  finanza  pubblica  e  del  sistema
tributario». Ne deriverebbe,  infatti,  la  violazione  dell'art.117,
terzo comma, Cost., posto  che,  nella  fattispecie,  il  legislatore
statale, lungi dal limitarsi a  sancire  un  principio  generale,  ha
disposto la diretta limitazione di una  singola  voce  di  spesa,  in
palese  contrasto  con  l'indicata   norma   costituzionale   -   che
circoscrive  l'esercizio  della  potesta'  legislativa  statale  alla
fissazione di mere norme di principio - oltre che con il gia'  citato
art. 119 Cost., che garantisce alle Regioni piena autonomia di spesa,
autonomia esplicantesi anche nella scelta delle spese da  limitare  a
vantaggio di altre. 
    Codesta Corte, con sentenza  n.  297/2009,  ha  chiarito  che  le
«norme statali che fissano limiti alla spesa delle  Regioni  e  degli
enti   locali   possono   qualificarsi   principi   fondamentali   di
coordinamento  della   finanza   pubblica   alla   seguente   duplice
condizione: in primo luogo, che si  limitino  a  porre  obiettivi  di
riequilibrio della medesima,  intesi  nel  senso  di  un  transitorio
contenimento  complessivo,  anche  se  non  generale,   della   spesa
corrente; in secondo luogo,  che  non  prevedano  in  modo  esaustivo
strumenti o modalita' per il perseguimento  dei  suddetti  obiettivi»
(sentenze n. 289 e n. 120 del 2008; analogamente, le sentenze n.  412
e n. 169 del 2007, nonche' n. 88 del  2006).  In  altri  termini,  la
legge statale puo' stabilire solo un «limite complessivo, che  lascia
agli enti stessi ampia liberta' di allocazione delle  risorse  fra  i
diversi ambiti e obiettivi di spesa» (sentenza n. 36 del 2004), e non
puo' fissare vincoli puntuali relativi a singole voci  di  spesa  dei
bilanci delle Regioni e degli enti locali, tali da ledere l'autonomia
finanziaria di spesa garantita dall'art. 119 Cost. (sentenze  n.  120
del 2008; n. 169 del 2007; n. 417 del 2005; n. 36 del 2004) e ha piu'
volte affermato, altresi', che,  nell'esercitare  tale  funzione,  lo
Stato  deve  limitarsi  a  porre  obiettivi  di  contenimento,  senza
prevedere  in  modo  puntuale  strumenti  e  modalita'  per  il  loro
perseguimento, in modo che rimanga uno  spazio  aperto  all'esercizio
dell'autonomia regionale (sentenza n. 182 del  2011).  La  disciplina
dettata dal legislatore statale inoltre, non deve  ledere  il  canone
generale  della  ragionevolezza  e  proporzionalita'  dell'intervento
normativo rispetto all'obiettivo prefissato (sentenze n. 236 del 2013
e n. 326 del 2010). 
    2.5. Le disposizioni di cui ai commi 2 e 3 dell'art. 13,  laddove
impongono  alle  Regioni   di   adeguare   il   proprio   ordinamento
all'abbassamento del  parametro  massimo  del  trattamento  economico
annuo onnicomprensivo del personale interessato (in  forza  dell'art.
13, co. 3 del DL  66/2014)  e  alle  altre  modifiche  apportate  dal
medesimo decreto ai commi 471-473  dell'articolo  unico  della  legge
147/2013 (in forza di quanto previsto dal successivo comma 475) entro
il termine di sei mesi dall'entrata in vigore  della  suddetta  legge
147/2013 (ovvero entro il 1° luglio  2014),  sono  costituzionalmente
illegittime altresi' per contrasto con gli articoli 3, 97, 117,  118,
119 e 120 della Costituzione. 
    Ed invero, le modifiche  apportate  al  comma  473  estendono  la
disciplina  prevista  dai  commi  471  e  472  anche  alle   societa'
partecipate;  ma,  per  garantire  un  corretto   adeguamento   degli
ordinamenti regionali alle innovazioni apportate dall'art. 13 del  DL
66/2014, occorrono tempi adeguati e congrui. La legge di  conversione
del  DL  66/2014,  che  rende  stabile  nell'ordinamento  le  cennate
innovazioni normative, e' invece definitivamente entrata in vigore il
23 giugno 2014: soltanto otto giorni prima dello spirare del  termine
fissato per l'adeguamento, il 1° luglio 2014.  Si  tratta,  con  ogni
evidenza, di termine irragionevole e lesivo del  principio  di  leale
collaborazione,  in  quanto  chiaramente  inadeguato  rispetto   alla
tempistica ordinaria di espletamento dell'iter normativo necessario a
conformare l'ordinamento regionale  alle  nuove  norme  statali,  con
conseguente illegittimita' della relativa previsione, sulla  base  di
quanto  chiarito  da  Codesta  Corte  con   sentenza   n.   196/2004.
L'irragionevolezza  e  la  sproporzionalita'  del   termine   imposto
rispetto agli adempimenti richiesti e la violazione del principio  di
leale collaborazione risultano, poi, tanto piu' gravi ed evidenti  in
considerazione della gravita' delle sanzioni che la  legge  prescrive
per il caso di mancato adempimento, sopra illustrate.